Che cos'è la filosofia?

Filosofo, filosofia, filosofare. Parole strane, senza dubbio. Parole speciali su cui vige una specie di tacito accordo: tutti le usano, tutti le capiscono, e tuttavia nessuno sa dare una definizione esatta di cosa mai significhino. Quando qualcosa ci va male, la prendiamo "con filosofia". Al bar spesso dispensiamo ai nostri amici pillole della nostra "filosofia di vita". Se qualcuno, parlando, usa tanti bei paroloni gonfi senza riuscire a comunicare niente, sta "filosofando". E quell'altro che sta sempre con la testa fra le nuvole, quel sognatore inconcreto, è un perfetto "filosofo".

La filosofia, a giudicare da questi esempi, sembra un fritto misto di antica saggezza, retorica ingannatrice e fantasia. Il filosofo è un pacifico e simpatico vecchio dalla lunga barba bianca che trova posto solo nei libri di scuola. Nel migliore dei casi, una buona fonte per delle citazioni ad effetto. Nel peggiore, un inconcludente, uno sbadato perso nel suo mondo. Si tratta di un atteggiamento millenario: il povero Talete viene preso in giro perchè, perso nei suoi pensieri, cade in un fosso. Il Socrate di Aristofane è poi un vero e proprio furfante, un cialtrone che passa il suo tempo ad argomentare sul nulla.
In questi ultimi anni, tuttavia, le cose sembrano peggiorare. La nostra società  non solo non sa cos'è la filosofia, ma la disprezza indistintamente, come qualcosa di annebbiato, di lontano e tuttavia piuttosto fastidioso. Qualcosa di obsoleto. Il filosofo non è il mago-scienziato della Grecia Antica, guardato con timore: è diventato un non meglio identificato imbecille che passa il suo tempo a parlare di aria fritta, aiutato da una cultura trita e ritrita, e da qualche parola difficile (che fa sempre la sua figura). Personalmente, credo sia colpa della pessima didattica che si fa della materia, soprattutto nel nostro paese. Del resto, di questi tempi un popolo che sappia fare del "pensiero critico" non fa comodo a nessun governante.
Ci sono sempre stati e ci saranno sempre uomini che credono di avere tutte le risposte: uno crede in Dio, un altro nella Scienza. Ma ci sono sempre stati e sempre ci saranno uomini ignoranti, che non sanno, più o meno consapevoli. Tra questi, ad alcuni non importa di non sapere. Si vive lo stesso, del resto. Altri, però, hanno la sfortuna di voler sapere, di avere questo tarlo che li assilla. Questi sono i filosofi.

Ovviamente questa definizione non è precisa: chiunque voglia "sapere" non è un filosofo. 
"Che ore sono?" Non è una domanda "filosofica". Cos'è, allora, che rende una domanda "filosofica"?
Due cose, principalmente: il modo e l'obiettivo.

Il modo di porre una domanda è il modo di porsi rispetto all'informazione che si cerca e alla stessa ricerca. Nel caso della filosofia, potremmo definire questo modo "razionale e argomentativo": il filosofo cerca, per quanto gli è possibile, di eseguire una ricerca su un problema e di proporre la sua risposta argomentando secondo le regole della logica, senza lasciarsi prendere da sentimenti, passioni, ispirazioni. La ricerca filosofica è quindi una ricerca che usa alcuni strumenti dell'uomo (il pensiero logico, il linguaggio "diretto") e non altri (l'ispirazione poetica, il linguaggio metaforico). Si capisce quindi che la filosofia è l'esatto contrario della retorica: il filosofo è schietto, si pone una domanda e ricerca una risposta mantenendosi sincero con sè stesso e con gli altri. Egli dice: le cose stanno così, e posso dirvi il perchè. Certo, non sono mancati filosofi-scrittori, filosofi-poeti, filosofi-registi e altri che hanno esposto le loro convinzioni sulle cose del mondo in forma artistica. Tuttavia, la loro è un'esposizione: la ricerca che c'è dietro è sempre razionale ed argomentata, ed è nel momento della ricerca che essi sono davvero filosofi.
Filosofo, dunque, è chiunque si ponga certe domande con schiettezza e cerchi di trovare delle risposte, per poi esporle agli altri, pronto ad argomentare ciò che dice. Il filosofo non è uno bravo a parlare, non è uno che snocciola nozioni a memoria: egli sente di dover risolvere dei problemi e procede a farlo in un certo modo.

Ma quali problemi? Qual è l'obiettivo della domanda filosofica? Lo scopo è discutere i presupposti. Ogni giorno, ogni ora lavoriamo con tanti concetti particolari: Giusto, Bello, Buono, Stato, Identità, Dio, Conoscenza, Memoria, Spazio, Tempo, Scienza, e così via. Diciamo: "Questo è buono, questo è bello, ricordo questo, conosco questo, io, tu". Ci riferiamo ad una serie di casi particolari. Queste parole sono comunque necessarie per la nostra vita, esprimono concetti comuni a tutti, di cui si ha un'idea diffusa. Ma volendo definire tali concetti? Volendo pensarli fuori dal caso particolare? Volendo soprattutto trovare una definizione che metta d'accordo tutti? Ecco che le cose si fanno più difficili. Siamo tanti nel mondo: credenti e atei, di destra e di sinistra, dogmatici e progressisti, scienziati e mistici. Siamo fondamentalmente in disaccordo. Ma siamo anche impauriti. Ci poniamo delle domande su questo nostro mondo che non sa spiegarsi. Ci poniamo delle domande perchè abbiamo paura del caos, abbiamo paura del dolore, abbiamo paura della morte. E' stato detto che la filosofia nasce dal  τραῦμα, dal "trauma", dalla paura di fronte all'ignoto. La parola greca è stata talvolta interpretata come "meraviglia, stupore di fronte alla grandezza del mondo", ma sono convinto che il primo impulso "filosofico" sia il terrore. Terrore che nasce sostanzialmente quando ci si rende conto che la vita è piena di presupposti, di cose che diamo per scontato e che, nei fatti, si rivelano come castelli di carta. Compito della filosofia è quello di cercare di costruire buone fondamenta, discutendo, confutando e ricostruendo tutto ciò che è scontato, tutta quella enorme schiera di convinzioni che chiamiamo "senso comune", che si rivela ad occhio attento come condizionata storicamente, mai definitiva nè, nei fatti, efficace.

Possiamo ora dare una definizione di filosofia: filosofia è ricerca razionale e argomentata di un comune accordo, di una comune definizione di concetti di uso più o meno comune, necessari per la vita degli uomini. Va considerato che si tratta di una definizione rapida che lascia in gioco molti problemi. Ma non è proprio questo il fascino della filosofia? In questo momento io che scrivo sto facendo filosofia, sto proponendo una definizione argomentata di un concetto di uso comune, su cui si può essere più o meno d'accordo. Sto usando un linguaggio. Sto comunicando. Sto inserendo le mie convinzioni, giuste o sbagliate che siano, nel discorso. Il discorso stesso forse apre più problemi di quanti ne risolve, e io che scrivo sono costretto in alcuni limiti, linguistici, conoscitivi e di altra natura: ecco perchè la filosofia è speciale. Essa non può fare a meno di interrogarsi su sé stessa e sulle sue fondamenta, presupponendo dunque un "approccio filosofico" a sé stessa. Si trova in un affascinante vicolo cieco, in un continuo mordersi la coda, perchè non può dare nulla per scontato. Ecco un altro motivo per il quale la filosofia non è assolutamente bella retorica: essa cerca di superare il linguaggio, di trascenderlo: questa fatica di Sisifo è ciò che rende complesso e aspro il linguaggio della filosofia e che contemporaneamente richiama alla semplicità: il filosofo ha il dovere di esporre i suoi concetti senza inutile gonfiore (cercando il contenuto lontano dalla forma). Il gonfiore retorico (tutta forma e niente contenuto) è esattamente antifilosofico.

Il mondo è pieno di problemi, lo è sempre stato e sempre lo sarà. 
Alcuni sono risolti dalla Scienza. Alcuni dall'Arte. Alcuni dalla Religione. Altri, non meno importanti, dalla Filosofia (ora, finalmente, con la lettera maiuscola). Se cercate un esempio vicino a voi, andate nel più vicino ospedale, andate ad osservare una donna che si chiede se sia giusto abortire, un malato terminale che si chiede quale sia stato il senso della sua vita mentre accanto a lui si dibatte se sia giusto concedergli l'eutanasia. Andate in un vicino laboratorio e chiedete al fisico che si trova lì se si sente colpevole della costruzione della bomba atomica. O chiedete la stessa cosa al politico che intasca tangenti. Cercate di capire con quale criterio quel giudice stia condannando  un uomo in tribunale. Cercate di spiegare ad un bambino perchè le persone muoiono.
Il mondo è sempre pieno di problemi.
Alcuni sono creati dalla Scienza. Alcuni dall'Arte. Alcuni dalla Religione. Altri, non meno importanti, dalla Filosofia.
Chiunque voglia dirsi filosofo deve saper prendere questo fardello, deve accettare l'ignoranza e l'incertezza, deve accettare di non poter mai arrivare ad una conclusione vera e propria. 
Solo acquisendo questa coscienza, il filosofo può alzarsi con orgoglio dallo stato di prostrazione in cui si trova di questi tempi, iniziare a camminare con orgoglio guardando il cielo, e cadere, con orgoglio, nella fossa: forse, se è fortunato, può addirittura trovarci il buon Talete.




4 commenti:

  1. "Chiunque voglia dirsi filosofo deve saper prendere questo fardello, deve accettare l'ignoranza e l'incertezza, deve accettare di non poter mai arrivare ad una conclusione vera e propriA".
    SITRATTA DELLA SOLITA AFFERMAZIONE paradossale: credo fermamente nella verità che non esistano verità. Consiglio di leggere il libro di Severino"FILOSOFIA FUTURA" RIZZOLI.

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  2. Ciao, grazie del consiglio, lo seguirò sicuramente. Tuttavia non sono d'accordo sulla natura paradossale dell'asserzione. Vedi, l'affermare che non si può giungere ad una "conclusione" relativamente agli oggetti affrontati dalla Filosofia (tra cui rientra anche la Verità intesa come spiegazione della realtà contingente) non equivale all'affermare che non si può mai giungere ad una conclusione, che non si può mai affermare qualcosa di vero. Per come la vedo io, un'asserzione può avere valore di verità o falsità: è vera quando aderisce (immediatamente o attraverso dimostrazione) alla realtà come ci appare (sottolineo come ci appare), falsa quando non aderisce. Affronterò questo tema più ampiamente, comunque il punto è che la verità di una frase non coincide con la Verità "metafisica". Dunque la frase va reinterpretata così: "credo che sia vera l'asserzione: Non esiste una verità assoluta." Ovvero: nel mondo come ci appare sembrano non esistere verità assolute. Questa affermazione non enuncia una verità assoluta e incontrovertibile, ma solo un "prendere atto" di un aspetto della realtà come appare a noi. Perdonami se non sono stato chiaro, scrivo a tarda notte.

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  3. Condivido molte delle tue affermazioni. Distinguerei solo tra chi fa "Filosofia nobile" e " Filosofia ignobile". Rispondendo al commento dell'anonimo non è vero che non esistono verità. Una verità e il commento stesso dell'anonimo, la risposta di Zeno e il mio commento.
    giulio

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  4. Giusto, anonimo 2. Queste di cui parli sono nostre asserzioni a cui attribuiamo valore di verità (cioè le interpretiamo come aderenti alla realtà). Questo valore di verità è una cosa del tutto diversa dalla Verità assoluta, dalla presunta unica spiegazione della contingenza della realtà. Comunque il primo anonimo aveva ripreso una mia affermazione, fraintendendola. Credo che voi due vogliate dire la stessa cosa. Firmatevi però :)

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